ACQUISTO UE E REGIME DEL MARGINE: L’ONERE DELLA PROVA AL CONTRIBUENTE
02.01.2015 12:43Rinvenute fatture di acquisto e vendita di autoveicoli tra operatore italiano e operatore tedesco senza applicazione di Iva: il Fisco reclama Irpef, Irap e Iva
In ambito Iva, il regime del margine
di utile, di cui all’articolo 36 del Dl 41/1995, in quanto regime speciale
rispetto all’ordinario regime impositivo riguardante gli acquisti
intracomunitari, pone a carico del contribuente di provare, a fronte di una
contestazione dell’Amministrazione finanziaria, la sussistenza dei presupposti
di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo, non essendo
sufficiente, ai fini probatori la sola regolarità formale della fattura emessa
dal cedente.
Questo il principio di diritto ribadito dalla Cassazione nella sentenza n.
26182 del 12 dicembre 2014, che ha accolto le ragioni dell’Erario.
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Un ufficio finanziario notificava a una società un avviso di accertamento per
il recupero di Irpef, Irap e Iva, anno 2003, in seguito a un controllo sugli
adempimenti in materia di operazioni intracomunitarie e operazioni soggette al
regime del margine, riguardanti acquisti di autovetture usate effettuati dalla
stessa società in Germania.
In particolare, l’ufficio accertava – anche sulla base di informazioni assunte
dal suo omologo ufficio tedesco – che tutte le operazioni intercorse tra il
fornitore tedesco e la società italiana dovevano considerarsi intracomunitarie
e, quindi, non assoggettabili al regime del margine.
L’accertamento si fondava sul rinvenimento di un elenco di fatture, relative ad
autoveicoli, registrate dalla società accertata come fatture soggette al regime
del margine (senza applicazione dell’Iva in acquisto) e che poi risultavano
cedute, dalla medesima società, con fatture emesse ancora con il regime del
margine, anziché con quello intracomunitario, ossia con l’applicazione dell’Iva
sull’intero importo imponibile.
Il ricorso proposto dalla società veniva respinto in primo grado e
parzialmente accolto dai giudici tributari di appello.
Questi ultimi, in particolare, hanno ritenuto erronea l’applicazione, al caso
di specie, dell’articolo 38, comma 3, lettera e), del Dl 331/1993 – che
disciplina gli acquisti intracomunitari a titolo oneroso di mezzi di trasporto
nuovi, spostati o spediti da altro Stato membro e che individua il luogo di
tassazione nello Stato comunitario di destinazione del mezzo – poiché gli
autoveicoli non potevano considerarsi nuovi, così come previsto dal citato
articolo 38, comma 4, del Dl 331/1993 (secondo cui, i mezzi di trasporto non si
considerano nuovi alla duplice condizione che abbiano percorso oltre 6mila
chilometri e la cessione sia effettuata decorso il termine di sei mesi dalla
data del provvedimento di prima immatricolazione).
Avverso la sentenza di appello, l’Amministrazione finanziaria propone
ricorso per cassazione, eccependo la violazione dell’articolo 36 del Dl 41/1995
e dell’articolo 38 del Dl 331/1993.
In particolare, l’Amministrazione ricorrente ritiene non rilevante, ai fini
della causa, la circostanza – peraltro non contestata – che gli autoveicoli in
questione fossero usati, per escludere il regime ordinario di tassazione Iva.
Infatti, ai fini dell’applicazione del regime agevolativo del margine, era
necessario che gli acquisti rientrassero nei casi tassativamente indicati,
riconducibili ad acquisti compiuti in regime di indetraibilità dell’Iva,
assolta in ragione delle specifiche caratteristiche del dante causa.
Inoltre, nel caso di specie, i fornitori tedeschi avevano prodotto, per l’anno
2003, i modelli Intra l/bis, relativi alle cessioni intracomunitarie,
indicando come cliente la società italiana accertata che, invece, non aveva
prodotto alcuna dichiarazione Intra 2 (per gli acquisti
intracomunitari).
Per la Corte suprema, la doglianza è fondata.
Infatti, sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato, in tema
di Iva, per l’applicazione del regime del margine di utile (articolo 36 del Dl
41/1995), in quanto regime speciale, è onere del contribuente fornire idonea
giustificazione della difformità riscontrata sui documenti contabili, nonché a
dimostrare la sussistenza delle condizioni di fruibilità del regime del margine
del quale intende avvalersi (cfr Cassazione 8828/2012).
A tal fine, prosegue la Corte, “…non costituisce unica condizione la
regolarità formale della fattura emessa dal cedente, poiché in tal modo si
attribuirebbe a tale documento un’efficacia probatoria, in realtà non prevista,
in relazione all’esistenza dei presupposti giustificativi di tale regime
fiscale, e cioè che il cedente abbia assolto l’imposta in modo definitivo e
risponda ad uno dei requisiti soggettivi indicati dalla medesima disposizione,
configurandosi o come privato consumatore, o come soggetto che non abbia potuto
detrarre l’imposta per aver destinato i beni ad attività esente, ovvero che
agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro, ovvero ancora che
abbia a sua volta assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di
utile” (cfr Cassazione 8828/2012).
In altri termini, secondo la Cassazione, il regime del margine
rappresenta una speciale modalità di versamento dell’imposta, per cui è onere
di colui che richiede di accedervi provare la effettiva ricorrenza di tutti gli
elementi normativamente richiesti, sia oggettivi sia soggettivi.
Nel caso di specie, poi, la Corte osserva che la qualità della società
resistente – professionalmente dedita al commercio di autoveicoli usati di
provenienza estera – “…ben le avrebbe consentito di accertare, in base
all’esame dei rispettivi documenti di circolazione e della documentazione
accompagnatoria dei veicoli e di quanto ritenuto utile a tal fine, l’uso cui
erano stati destinati dal cedente straniero, dai suoi danti causa e le loro
qualità soggettive, e di conseguenza, stabilire se fosse verosimile che questi
non avesse esercitato il diritto di rivalsa per l’Iva pagata sull’acquisto,
come d’altronde era suo dovere fare, in considerazione della richiesta di accedere
ad un regime fiscale speciale…”.
L’acquisto intracomunitario di auto costituisce, da sempre, un’attività a
rischio di evasione fiscale, tant’è che, recentemente, l’Agenzia delle Entrate
ha richiamato l’attenzione dei responsabili delle strutture antifrode regionali
sul monitoraggio delle attività connesse all’immatricolazione di autoveicoli –
con particolare riguardo alle istanze inerenti le immatricolazioni con i regimi
di deroga all’obbligo di versamento dell’Iva con il modello “F24 - Immatricolazioni
auto UE” – che prevedono l’assoggettamento delle auto al regime del margine o
l’immatricolazione delle auto come bene strumentale (cfr circolare 25/E
del 2014, paragrafo 3.1).
L’articolo 36 del Dl 41/1995 – che disciplina il regime del margine in relazione
al commercio di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato
originario o previa riparazione – prevede, infatti, che l’Iva relativa alla
rivendita di tali beni sia “…commisurata alla differenza tra il prezzo
dovuto dal cessionario del bene e quello relativo all’acquisto, aumentato delle
spese di riparazione e di quelle accessorie”.
Deve trattarsi, tuttavia, di beni acquistati presso soggetti che abbiano
assolto l’imposta in via definitiva, come nel caso di acquisto da privato
consumatore, o da soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta per avere
destinato i beni ad attività esente, o che agisca in regime di franchigia nel
proprio Stato membro, o ancora che abbia a sua volta assoggettato il proprio
acquisto al regime del margine di utile.
In pratica, la fruibilità del regime del margine postula, al di là delle
annotazioni formali desumibili dalla fattura, la dimostrazione, ricavabile dal
riscontro dei requisiti soggettivi suindicati, della circostanza essenziale che
il cedente abbia assolto l’imposta in modo definitivo.
Infatti, costituisce condizione indefettibile di applicabilità del regime del
margine la indeducibilità dell’Iva versata “a monte” dal cedente-operatore
comunitario in occasione dell’acquisto del bene, successivamente rivenduto
all’importatore in altro Paese membro.
Pertanto, tutte le volte in cui la contestazione dell’Amministrazione trovi
fondamento in elementi oggettivi, che privino di attendibilità le indicazioni
contenute nella fattura emessa nei confronti del cessionario, l’onere di
provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’operatività
di tale regime di deroga incombe al contribuente-cessionario.
Quest’ultimo è tenuto a verificare preventivamente la regolarità sostanziale
dell’operazione, pure con riferimento alla mancata detrazione dell’Iva
corrisposta a monte da parte del cedente, nei limiti imposti dal dovere di
agire con la diligenza richiesta in base alle concrete circostanze; e ciò anche
in relazione alla sua qualità professionale, ove trattasi di operatore
commerciale del settore, e alla stregua dei documenti negoziali in suo
possesso, conformemente al principio di vicinanza al fatto oggetto di prova e
al sistema del diritto comunitario (cfr Cassazione 25126/2014, 658/2014,
17232/2013, 15219/2012 e 8636/2012).
Dott.ssa Anna Caralla
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