STOP ALLA TELENOVELA DEI FALSI DIRIGENTI: PER LA CASSAZIONE SONO VALIDI GLI ATTI SOTTOSCRITTI DAI DIRIGENTI DECADUTI

Dopo mesi di attesa, la Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 22800, 22803 e 22810, depositate tutte lo scorso 9 novembre, mette la parola fine all'annosa questione degli atti sottoscritti da dirigenti dell'Agenzia delle Entrate, decaduti a seguito della famigerata sentenza della Corte Costituzionale, n. 37/2015.

Come è ormai noto a tutti gli operatori del settore, con la pronuncia appena citata il Giudice delle leggi ha dichiarato incostituzionali gli artt. 8, comma 24, del D.L. 16/2012, 1, comma 14, del D.L. 150/2013, 1, comma 8, del D.L. 192/2014, per violazione, fra le altre norme, dell'art. 97 della Costituzione, il quale prevede, per l'accesso alle cariche pubbliche, la regola del concorso.

A seguito di ciò, innumerevoli sono stati in tutta Italia la raffica di ricorsi avverso gli atti di accertamento del fisco, presentati dai contribuenti proprio al fine di veder dichiarata la nullità di tutti quegli atti sottoscritti da dirigenti decaduti a seguito della pronuncia dei Giudici della Consulta.

L'orientamento di merito formatosi sulla questione, per quanto non possa dirsi univoco, sicuramente ha propeso in favore dei contribuenti, estendendosi, in casi estremi, a trasmettere addirittura gli atti alla Procura della Corte dei Conti, segnalando, a carico dell'Amministrazione Finanziaria, l'eventualità di un possibile "danno erariale".

Ma a spegnere le speranze dei contribuenti, destinatari di quegli atti firmati dai dirigenti divenuti tali non a seguito di concorso pubblico, sono intervenuti, purtroppo, i Giudici della Corte Suprema, statuendo, con tre diverse sentenze, l'irrilevanza della declaratoria sancita dalla Corte Costituzionale ai fini della validità degli
atti fiscali.

Di seguito si riportano i tratti salienti di ognuna.

Nella prima pronuncia, ovvero la n. 22800, i Giudici di Piazza Cavour hanno statuito che "In base all' art. 42 dpr 600/1973 l'avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. A seguito della evoluzione legislativa ed ordinamentale sono oggi "impiegati della carriera direttiva", ai sensi dell'art. 42 dpr 600/1973, i funzionari della terza area di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005 (art. 17). E  - in base al principio della tassatività delle cause di nullità degli atti tributari - non occorre, ai meri fini della validità dell'atto, che i funzionari deleganti e delegati possiedano la qualifica di dirigente, ancorché essa sia eventualmente richiesta da altre disposizioni.".

Decisamente più interessante per i contribuenti, appare la seconda delle tre sentenze emesse dal Collegio Supremo, che in qualche modo lascia intravedere delle piccole possibilità di contestazione in merito al contenuto delle deleghe attraverso le quali, il più delle volte, i direttori degli uffici attribuiscono ai loro sottoposti il potere di firmare gli atti.

Con la n. 22803, il Collegio Supremo ha, infatti, affermato che "In base all' art. 42 dpr 600/1973 l'avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Tale delega può essere conferita o con atto proprio o con ordine di servizio purché venga indicato, unitamente alle ragioni della delega (ossia le cause che ne hanno resa necessaria l'adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, etc.) il termine di validità ed il nominativo del soggetto delegato. E non è sufficiente sia in caso di delega di firma sia in caso di delega di funzione l'indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alle generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta. Sono perciò illegittime le deleghe impersonali, anche "ratione officii" prive di indicazione nominativa del soggetto delegato. E tale illegittimità si riflette sulla nullità dell'atto impositivo".

Sicuramente la pìù netta, nel senso di stabilire l'irrilevanza della più volte citata sentenza n. 37/2015 ai fini
della validità degli atti sottoscritti da dirigenti decaduti, si rivela, invece, la pronuncia n. 22810, dove si legge che "Essendo la materia tributaria governata dal principio di tassatività delle cause di nullità degli atti fiscali, e non occorrendo, ai meri fini della validità di tali atti, che i funzionari (delegati o deleganti) possiedano qualifiche dirigenziali, ne consegue che la sorte degli atti impositivi formati anteriormente alla sentenza n. 37 del 2015 della corte costituzionale, sottoscritti da soggetti al momento rivestenti funzioni di capo dell'ufficio, ovvero da funzionari della carriera direttiva appositamente delegati, e dunque da soggetti idonei a esprimere, ai sensi dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, la volontà dell'amministrazione nei rapporti esterni, non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della censurata disposizione di cui art. 8,
24° comma, del d.l. n. 16 del 2012
".

Questo, pertanto, il quadro che fuoriesce dalle decisioni della Corte di Cassazione, il quale lascia, senza ombra di dubbio, serie e forti perplessità in merito alla rilevanza degli interessi che si è scelto di tutelare nel ritenere, appunto, comunque validi tutti gli atti firmati dai dirigenti che la Corte Costituzionale ha dichiarato
illegittimi, retrogradandoli alla loro originaria funzione.

Dott. Daniele Brancale                             
Difensore Tributario                                                            
dott.danielebrancale@gmail.com